Nuovo rinvio (e modifiche) per il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.
La complicata gestazione di una normativa sempre più indispensabile….
Era stata preannunciata più volte e, alla fine, negli ultimi giorni di agosto, è arrivata la proroga dell’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs.14/2019).
Il D.L n. 118 del 24 agosto 2021 ha infatti differito al 16 maggio 2022 l’applicazione della normativa contenuta nel D.Lgs. n. 14/2019, procrastinando addirittura al 31 dicembre 2023 la parte relativa alla disciplina dell’allerta e della composizione assistita della crisi.
Di contro, ha stabilito l’immediata applicazione di alcune norme, che vanno a modificare sensibilmente sia la vecchia Legge fallimentare, che la nascente disciplina sulla crisi di impresa.
In particolare, entrano immediatamente in vigore:
– l’art.182 septies, come modificato dal decreto legge, sugli “accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa”, in forza del quale la disciplina di cui all’art.182 bis (accordo di ristrutturazione dei debiti raggiunto con creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti, e non vincolante per i creditori non aderenti), si applica anche in caso di estensione dell’accordo ai creditori non aderenti, che appartengano alla medesima categoria, individuata tenuto conto dell’omogeneità di posizione giuridica ed interessi economici, e purché sussistano alcune specifiche condizioni (partecipazione di tutti i creditori alle trattative; prosecuzione dell’attività d’impresa; creditori aderenti pari ad almeno il 75% dei crediti complessivi; soddisfazione dei creditori non aderenti in misura non inferiore rispetto alle alternative praticabili);
– l’art.182 octies, introdotto dal decreto legge, titolato “convenzione di moratoria”, prevede la possibilità per l’imprenditore in crisi di convenire la dilazione del proprio debito con alcuni creditori, rappresentanti almeno il 75% dell’intera massa creditoria, vincolando a tale accordo anche i creditori non aderenti (previa attestazione da parte di un professionista terzo della veridicità dei dati aziendali e della idoneità della convenzione a far fronte ad una crisi temporanea; i creditori non aderenti, informati delle trattative, subiscono un pregiudizio proporzionato alle differenti soluzioni di risoluzione della crisi);
– l’art.182 novies, introdotto dal decreto legge, titolato “accordi di ristrutturazione agevolati”, in virtù del quale la percentuale di creditori aderenti, necessaria per la conclusione di un accordo di ristrutturazione ex art. 182 bis, è ridotta al 30%, se il debitore abbia rinunciato alla moratoria di cui al comma 1 dell’art.182 bis, non abbia presentato una domanda di concordato in bianco e non abbia richiesto la sospensione delle azioni esecutive e cautelari;
– l’art.182 decies, introdotto dal decreto legge, titolato “coobligati e soci illimitatamente responsabili”, che prevede l’applicabilità dell’art.1239 c.c. (liberazione del fideiussore in caso di remissione accordata al debitore principale) ai creditori che hanno concluso gli accordi di ristrutturazione.
La straordinaria situazione di difficoltà economica e finanziaria, in cui si trovano tantissime imprese a causa dell’emergenza epidemiologica, ha poi indotto il legislatore ad andare oltre il semplice rinvio, eliminando di fatto l’Organismo di composizione della crisi (O.C.R.I.) e prevedendo invece l’introduzione di una nuova procedura, denominata “composizione negoziata per la soluzione della crisi di impresa”.
Tutti gli imprenditori, e quindi anche quelli non soggetti al fallimento, che si trovino in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendano probabile la cisi o l’insolvenza, potranno chiedere, a partire dal 15 novembre 2021, alla Camera di Commercio ove sono iscritti la nomina di un esperto (scelto tra i professionisti esperti iscritti in un apposito elenco), che agevolerà le trattative tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati, affinché si individui una soluzione per il superamento della crisi, anche mediante il trasferimento dell’azienda o di rami di essa.
L’accesso alla procedura avverrà attraverso una piattaforma telematica nazionale (che sarà istituita con apposito decreto), su cui sarà disponibile una lista di controllo particolareggiata, con indicazioni operative per la redazione del piano di risanamento e con un test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento.
Il nuovo strumento è assolutamente volontario e non prevede, in caso di insuccesso, la segnalazione al Pubblico Ministero o l’apertura di una procedura fallimentare; prevede, invece, alcune misure premiali. Difatti, dall’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto e fino alla conclusione della composizione negoziata, gli interessi sui debiti tributari sono ridotti alla misura legale, le sanzioni tributarie sono applicate nella misura minima e le imposte possono essere rateizzate.
L’imprenditore, che, comunque, nel corso delle trattative, conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa, può chiedere l’applicazione di misure protettive del patrimonio. Dal giorno della pubblicazione nel registro imprese della relativa istanza, i creditori non possono acquisire diritti di prelazione, se non concordati con l’imprenditore, né possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività di impresa.
La procedura può concludersi in vari modi:
a) con la sottoscrizione di un contratto con uno o più creditori, idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni;
b) con una convenzione di moratoria ai sensi dell’art. 182 octies della legge fallimentare;
c) con la sottoscrizione di un piano di risanamento, anche senza attestazione;
d) con la richiesta di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti;
e) con la presentazione di una domanda di concordato semplificato per la liquidazione (previsto nell’art. 18 del decreto in esame);
f) con l’accesso ad una delle procedure disciplinate dall’attuale legge fallimentare.
Tra le diverse modalità di conclusione della procedura di composizione negoziata, un particolare cenno va fatto al “concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio”, introdotto dall’art. 18 del D.L. n.118/2021. La proposta di concordato con cessione dei beni può essere presentata dall’imprenditore quando l’esperto dichiari, con la relazione finale, che le trattative non hanno avuto esito positivo e che non ci sono soluzioni alternative praticabili. Verificata la regolarità del contraddittorio e del procedimento, nonché il rispetto dell’ordine delle cause di prelazione e la fattibilità del piano di liquidazione, assunti i necessari mezzi istruttori, il Tribunale omologa la proposta, quando rileva che non arrechi pregiudizio ai creditori rispetto all’alternativa della liquidazione fallimentare e comunque assicuri un’utilità a ciascun creditore. A differenza del concordato preventivo nella sua versione “canonica”, questa nuova procedura non necessità dell’attestazione da parte di un professionista terzo (comunque nominato dal debitore) circa la veridicità dei dati riportati nel piano concordatario e della sua fattibilità; tali verifiche vengono demandate all’esperto già nominato nell’ambito della procedura di composizione negoziata e ad un ausiliario nominato dal Tribunale, una volta accertata la regolarità formale della domanda.
Da un primo esame, la nuova norma lascia qualche perplessità circa l’effettiva efficacia nell’affrontare le situazioni di crisi davanti alle quali tanti imprenditori (con i loro professionisti di fiducia) si troveranno nei prossimi mesi.
Ed infatti, se da un lato appare opportuno il rinvio dei c.d. “strumenti di allerta”, la cui applicazione avrebbe riguardato un numero spropositato di aziende, fortemente provate dal periodo pandemico, con conseguente difficoltà di gestione da parte degli Uffici preposti, con non altrettanto favore deve essere vista l’introduzione della nuova procedura negoziata per la soluzione della crisi d’impresa. A nostro parere il termine di entrata in vigore della norma (15 novembre 2021) non appare congruo né per l’organizzazione da parte delle C.C.I.A.A. territoriali, chiamate a svolgere un compito totalmente nuovo, e né per l’entrata in funzione della prevista piattaforma telematica nazionale.
L’intera procedura, inoltre, non sembra altro che una duplicazione dell’attività che già svolge il Professionista di fiducia dell’imprenditore in crisi, che quindi non sposterà in maniera rilevante né il numero di accessi alle procedure di risoluzione della crisi, e né le conclusioni positive delle stesse. Infine le norme relative alle procedure diverse dal concordato preventivo, di immediata attuazione, vanno ad incidere su misure che non hanno avuto sino ad ora grande diffusione (accordi di ristrutturazione dei debiti) o creano ulteriori procedure alternative la cui applicazione sarà sicuramente residuale.