L’entrata in campo dell’OCRI, il nuovo Organismo di composizione della crisi di impresa, costituisce un’altra importante novità del nuovo Codice.
Come si è avuto modo di spiegare nel precedente contributo editoriale, dedicato alle procedure di allerta, una volta ricevuta (da soggetti interni o esterni all’impresa) la segnalazione del superamento degli indicatori della crisi, l’imprenditore può o risanare la situazione segnalata, o definire la propria posizione debitoria, rientrando nei parametri di indebitamento consentiti.
Ma è più che probabile che lo stesso non sia in grado di adempiere a quanto richiesto, o almeno non nei termini stringenti indicati dalla legge.
In questo caso, sia i soggetti interni all’impresa (organo di vigilanza, revisore dei conti, società di revisione) che i creditori pubblici qualificati (INPS, Agenzia delle entrate, agente riscossore), hanno l’obbligo di segnalare la situazione di crisi riscontrata all’Organismo di composizione della crisi di impresa (OCRI), territorialmente competente.
La procedura dinanzi a tale Organismo può essere attivata anche direttamente all’imprenditore, prima che intervenga la segnalazione.
OCRI o OCC: cos’è e come funziona
L’OCRI (o OCC in caso di imprese minori) è la seconda novità introdotta dal Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. n.14 del 12/01/2019), ed è un organismo costituito presso tutte le Camere di Commercio italiane, ed è composto da professionisti di comprovata esperienza nella gestione di procedure concorsuali (fallimentari e/o pre fallimentari) iscritti in un apposito albo tenuto presso il Ministero della giustizia.
Compito dell’OCRI è, preliminarmente, quello di verificare la sussistenza della situazione di crisi dell’impresa oggetto di segnalazione e, in caso affermativo, quello di aiutare l’imprenditore ad individuare le misure idonee a superare le cause che hanno portato a tale segnalazione.
E’ ovviamente compito dell’imprenditore, con l’assistenza professionale necessaria, proporre un piano di ristrutturazione aziendale credibile e potenzialmente efficace, che preveda degli accordi con i creditori in tempi ben definiti e, comunque, entro il termine di tre mesi (prorogabile di ulteriori tre mese in caso di esito positivo delle trattative).
Il debitore, per evitare di vedere aggredito il proprio patrimonio durante il periodo di negoziazione con i creditori, con conseguente pregiudizio delle trattative avviate e/o degli accordi già raggiunti, può chiedere al Tribunale competente la concessione delle misure protettive avverso eventuali azioni esecutive individuali, per un periodo uguale a quello concesso per stipulare gli accordi con i creditori.
La procedura stragiudiziale dinanzi all’OCRI può concludersi con esito positivo, con il deposito di accordi redatti in forma scritta con il ceto creditorio, che possono assumere i contenuti più vari (dilazione di pagamento, falcidia della sorte capitale o degli interessi, cessione di beni in conto pagamento ecc.).
In alternativa, l’imprenditore può dichiarare che intende procedere alla risoluzione della crisi manifestatasi facendo ricorso alle procedure di composizione giudiziali, ovvero l’omologazione degli accordi di ristrutturazione o il concordato preventivo.
Qualora, invece, la procedura stragiudiziale si concluda con esito negativo (per il mancato raggiungimento di accordi validi o, peggio, per il disinteresse mostrato dal debitore), l’OCRI invita l’imprenditore a presentare una domanda di accesso alle procedure giudiziali di risoluzione della crisi o, in mancanza di tale adempimento, da impulso, tramite il P.M., alla procedura di liquidazione giudiziale, ovvero lo strumento che ha sostituito il “vecchio” fallimento.
E’ di tutta evidenza, che il quadro normativo introdotto con il Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza ha come finalità principale proprio quella di scongiurare questa ultima ipotesi, individuando nella chiusura dell’impresa, e nella liquidazione del suo patrimonio, una misura residuale da adottare solo in casi estremi. In alternativa, all’imprenditore vengono offerte una serie di possibilità che lo stesso può accogliere per risolvere la crisi che ha colpito la propria attività commerciale.
La scelta tra le diverse misure disciplinate, in sede giudiziale o stragiudiziale, può essere decisiva per il buon esito del percorso di ristrutturazione, mentre intraprendere una strada non corretta, secondo le peculiarità che ogni situazione presenta, può portare al fallimento del percorso intrapreso.
E’ indispensabile, pertanto, che l’imprenditore si faccia guidare in quello che, ai meno esperti, può sembrare un labirinto normativo, ma che, al contrario, può riservare delle soluzioni inaspettate a situazioni di crisi che, se affrontate tempestivamente, non solo possono essere risolte, ma possono diventare l’avvio di una nuova fase produttiva e gestionale dell’azienda.
– di Michele Punzi, Avvocato