SOLO IL DEBITORE “MERITEVOLE” PUO’ ACCEDERE ALLE PROCEDURE DA SOVRAINDEBITAMENTO
Uno dei più frequenti ostacoli che incontriamo nell’accertare la sussistenza dei presupposti per la proponibilità di uno degli strumenti di risoluzione della crisi da sovraindebitamento, è quello legato alla “meritevolezza” del debitore, la cui negativa valutazione preclude l’omologa da parte del Tribunale della proposta di risoluzione della situazione debitoria.
Tale aspetto riguarda in special modo la casistica legata al debitore consumatore (la persona fisica che agisce per scopi estranei ad attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale), il quale, ai sensi dell’art. 7 comma II lett. d-ter) della L.3/2012 (come novellato dalla L.176/2020), non deve aver causato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode.
Il debitore imprenditore o professionista, invece, non deve aver commesso atti diretti a frodare i creditori.
E’ di tutta evidenza che il problema si pone essenzialmente nella valutazione della “colpa grave” addebitabile al consumatore, essendo di facile individuazione, al contrario, l’esistenza di atti compiuti in malafede o con intento fraudolento.
Di fronte alla discrezionalità concessa dal legislatore al Giudice chiamato ad accertare l’ammissibilità del piano del consumatore, ci si è trovati dinanzi a valutazioni discordanti tra loro, che rendono complessa l’attività preliminare del professionista chiamato ad assistere il soggetto sovraindebitato.
Va preliminarmente osservato che la finalità della Legge n.3 del 27/01/2012 è sicuramente quella di tutelare il debitore che, nonostante una condotta corretta, si trovi ad affrontare una situazione debitoria insostenibile, così da evitare gravi conseguenza di carattere sociale (la legge è chiamata di proposito “salva suicidi”), ma deve altresì riconoscersi che la norma tende anche a tutelare il mercato, consentendo al debitore “meritevole” di risolvere i problemi economici pregressi ed immettersi nuovamente nel ciclo economico.
E’ oramai principio pacifico che il piano del consumatore non può essere omologato quando il soggetto sovraindebitato abbia assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere, quindi quando abbia ricorso al credito in maniera sproporzionata rispetto alle proprie capacità reddituali.
Sarà, pertanto, considerato invece “meritevole” il consumatore che ha contratto il debito con il motivato convincimento di poterlo onorare, rimanendo, così, di fatto esente da responsabilità colui che abbia agito con colpa lieve, confidando che il proprio patrimonio e/o le proprie entrate ordinarie consentissero una regolare gestione ed estinzione della posizione debitoria.
Nella giurisprudenza di merito è condiviso unanimemente il principio secondo il quale la “meritevolezza” debba essere riconosciuta sicuramente al consumatore che sia stato colpito da un evento grave ed imprevedibile (perdita del lavoro, malattia invalidante, morte di un componente del nucleo familiare percettore di reddito, ecc.), che ne modifichi in maniera sostanziale la capacità economica.
Una discussione giurisprudenziale, invece, è in corso in presenza di indebitamento con il sistema finanziario, dove le capacità di adempiere alle obbligazioni dovrebbe essere accertata ex ante proprio dal soggetto finanziatore, il quale ha l’obbligo di valutare il merito creditizio del cliente. Secondo alcuni Tribunali, qualora tale valutazione si riveli errata a posteriori, con conseguente incapacità del consumatore di restituire quanto ricevuto, la responsabilità non può ricadere sul debitore, bensì sul finanziatore professionale. Secondo altre pronunce, invece, la valutazione positiva al momento del riconoscimento del credito, non esclude la responsabilità del consumatore per colpa grave, spettando a quest’ultimo, al più, un’azione giudiziaria tesa ad accertare l’invalidità del contratto di finanziamento, sottoscritto in violazione delle norme sull’erogazione del credito.
Di difficile interpretazione, poi, è un ulteriore orientamento giurisprudenziale, che sottopone la positiva valutazione la “meritevolezza” del consumatore in base alle cause che ne hanno comportato il sovraindebitamento: potrà, ad esempio, essere ritenuto ammissibile il piano che abbia ad oggetto le spese non sostenibili relative a spese mediche, a prescindere dalla consapevolezza ab origine di non potervi fare fronte. E’ chiaro, però, che in questo modo si attribuisce ancora maggiore discrezionalità al Giudicante, che dovrà esprimere un giudizio (per forza di cose soggettivo) in ordine alla valenza etica e morale delle cause che hanno portato alla situazione di sovraindebitamento, con conseguente minor tutela per i creditori.
Possiamo, pertanto, concludere affermando che è onere del consumatore prospettare compiutamente al Tribunale le cause che lo hanno portato al sovraindebitamento, rammentando che, per evitare una declaratoria di inammissibilità del piano presentato, pur in presenza di interpretazioni difformi tra vari Giudici, sarà quanto meno necessario che la situazione debitoria non sia sorta per evidente negligenza (oltre che per malafede o dolo) del debitore, e che quindi l’accesso alla procedura non possa configurarsi come un abuso dello strumento creato a tutela del debitore meritevole.
Per saperne di più: https://www.studiopunzi.it/crisi-d-impresa/risoluzione-crisi-da-sovraindebitamento/
CONCORDATO PREVENTIVO OMOLOGATO CON IL PAGAMENTO DELL’1% DEL DEBITO ERARIALE.
E’ del 9 aprile scorso la pronuncia del Tribunale di Napoli (decreto 2190/2021) destinata a cambiare le sorti delle procedure di risoluzione della crisi (concordato preventivo, accordo di ristrutturazione dei debiti, transazione fiscale) nel nostro Paese.
Il Tribunale partenopeo, infatti, applicando per la prima volta le modifiche introdotte alla Legge Fallimentare dalla L. 159 del 27/11/2020 (di conversione del D.L. 125/2020), ha omologato il concordato preventivo proposto da una società di somministrazione di lavoro, che prevede il pagamento dell’ingente debito erariale nella misura dell’1% del totale e nonostante il voto contrario di uno dei creditori.
In particolare, con il decreto n. 2190/2021, si è ritenuto meritevole di approvazione una proposta concordataria che ha ricevuto il voto favorevole dell’Agenzia delle Entrate direzione regionale Lazio, che a fronte di un credito di € 608.957.912,97 ha accettato il pagamento di circa 7 milioni di euro (così aderendo alle indicazioni contenute nella circolare 34/E/2020), la mancata espressione di voto dell’Agenzia delle Entrate direzione regionale Campania (per un credito complessivo di € 69.668.253,92), ed il voto contrario di INPS, nonostante lo stesso fosse determinante per il raggiungimento delle maggioranze richieste per legge.
Con il detto provvedimento, i Giudici della Tribunale fallimentare napoletano, a fronte del mancato raggiungimento della maggioranza richiesta per l’omologa, hanno espletato un’attività surrogatoria nei confronti dell’Ente previdenziale, ritenendo che la somma offerta dalla società proponente era superiore a quella che sarebbe stata ottenuta dai creditori a seguito di liquidazione forzata del patrimonio della debitrice.
La richiamata L.159/2020 ha, infatti, apportato rilevanti e sostanziali modifiche alle norme che disciplinano il conteggio delle maggioranze necessarie per l’omologa del concordato preventivo e dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, introducendo espressamente la regola del “silenzio – assenso” dell’amministrazione finanziaria e degli enti previdenziali (artt. 180 – 182 bis L.F.), nonché la possibilità di omologa per il Tribunale quando, dalla relazione attestata, emerga la convenienza della proposta rispetto alla prospettiva liquidatoria.
In materia di transazione fiscale (art. 182 bis L.F.), invece, è stata modificata la norma che ora consente lo stralcio dei crediti tributari e previdenziali chirografari per declassazione (cioè la percentuale residua non pagata come credito privilegiato).
Questi interventi normativi rispondono positivamente ad una problematica evidenziatasi in numerose procedure di risoluzione della crisi, ovvero l’inerzia dei creditori qualificati (amministrazione finanziaria, enti previdenziali, enti di riscossione), nonostante la preponderanza dei loro crediti nell’ambito del passivo complessivo o, ancora, la volontà negativa (soprattutto da parte dell’INPS), a prescindere dalla convenienza della proposta, comportamenti che spesso hanno pregiudicato il buon esito delle procedure stesse.
La richiamata pronuncia del Tribunale di Napoli, quindi, apre scenari fino a qualche mese fa inimmaginabili, rendendo accessibili le procedure di risoluzione della crisi ad un numero crescente di aziende, che potranno affrontare con maggior fiducia le possibili situazioni di crisi finanziaria, specie in presenza di esposizioni debitorie rilevanti nei confronti dei creditori qualificati.